NOTTI DI RABBIA PIUTTOSTO CHE UN MINUTO DI SILENZIO
Il 6 e 7 giugno, il Comitato per Clement organizza il festival «Les lendemains qui chantent», due serate di musica militante e banchetti di controinformazione che riportano la diversità delle lotte antifasciste. Organizzato nello stesso fine settimana della manifestazione antifascista, è anch’esso uno strumento di commemorazione politica.
Clement, come molt* antifascist*, pensava che le nostre battaglie dovessero investire vari campi: le contro-culture permettono di creare spazi di resistenza, autonomia culturale, spesso più efficaci e pratiche di un trattato o di una conferenza. La musica è uno di quei luoghi che possiamo trasformare in prima linea: perché la morte di Clement per il Bollettino del Comitato per Clement non si spegnerà mai, preferiamo notti di rabbia ai minuti di silenzio.
Se la musica, senza dubbio, aiuta a vivere le nostre lotte, resta il fatto che è più facile e più evidente dedicare un concerto a una causa, un movimento, un’organizzazione anonima. Il principio stesso della commemorazione politica solleva la delicata questione della personalizzazione, e della trasformazione postuma di un compagno in martire.
Non vogliamo sfuggire a questa domanda: ce la poniamo in ogni momento, dalla nascita del Comitato per Clement.
Da un lato, questo festival non ha ovviamente alcun obiettivo di lucro, ma è organizzato come festival di supporto. Se ci sarà benefit, servirà per le nostre battaglie legali direttamente connesse con l’omicidio di Clement.
D’altra parte, il festival non ha alcuna intenzione di limitare il tributo degli amici e amiche e nemmeno di fare di Clement un martire. Il nostro approccio si basa su questa osservazione: non abbiamo scelto di personalizzare Clement.
I media del sistema si sono scatenati per primi, al nostro posto, trasformando la sua morte, con notizie in serie, negando prima di tutto che si trattava di una aggressione fascista. Il segno per tutti e tutte di quanto sia urgente la necessità di (ri)prendere sul serio l’antifascismo. Di conseguenza non possiamo far finta di nulla e lasciare che Clement rimanga l’anonimo libertario che aspirava di essere: sarebbe accettare la depoliticizzazione radicale del suo assassinio, e lasciare che la sua immagine sia spartita tra gli interessi di estrema destra e quelle dei media mainstream, senza intervenire.
Noi non siamo di quelli che si rifiutano di entrare nell’arena; ora il ricordo di Clement è uno, certamente doloroso, ma decisivo.
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