Liberazione Animale e Antifascismo

Titolo: Liberazione Animale e Antifascismo
Inizio: 12:00
Luogo: Villa Vegan Squat – Via Litta Modignani 66 MI
Data: 26 ottobre 2014

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LIBERAZIONE ANIMALE E ANTIFASCISMO – 26 ottobre 2014

Programma della giornata (saremo puntuali!):

ore 12.00 Pranzo a buffet

ore 14.00 Intervento di Antispecisti Antifascisti Milano (archivio di controinformazione sui tentativi di infiltrazione nell’ambito antispecista dell’estrema destra a Milano e nel territorio nazionale): ‘Panoramica sulle nuove destre animaliste e ambientaliste’.

ore 17.00 Intervento delle Panthères Enragées (collettivo antispecista, anarchico, femminista, antifascista per la liberazione totale, umana e animale) sulla situazione francese: 
‘In Francia esistono da sempre gruppi anarchici e antifascisti che portano avanti la lotta per la liberazione animale. Ma questi gruppi sono sempre rimasti minoritari, mentre la maggioranza dei sostenitori della questione animale aderisce a idee razziste e fasciste. Oggigiorno all’interno dell’attivismo animalista francese si possono trovare tutte le componenti dell’estrema destra, tra cui il nazionalismo, il razzismo islamofobico e anti-Rom, il fascismo, ecc. La lotta contro il fascismo deve comprendere la convergenza delle lotte e il battersi contro tutte le forme di sfruttamento e di dominio, per una liberazione totale: umana ed animale, e quindi antifascista, femminista e anarchica’.

ore 20.00 Pausa e cena benefit per Daniele (Garage Anarchico)

ore 21.00 Intervento di Emma Gi: ‘L’ideologia fascista e il rapporto con la questione animale’

Programma delle altre giornate di dibattito

2 risposte a “Liberazione Animale e Antifascismo”

  1. Un contributo al laicismo in chiave antifascista, ciao
    GS

    “GUERRE SANTE” (da bin Laden a Anders Behring Breivik) e possibili sbocchi reazionari della crisi europea.
    (Gianni Sartori – 2012)
    La sua personale “guerra santa” Osama bin Laden l’aveva dichiarata ancora nel 1998, prima degli attacchi alle ambasciate statunitensi in Kenya e in Tanzania e molto prima di quello del 2001 (11 settembre). Dalla lettura della fatwa si poteva comprendere che i futuri atti di violenza terroristica venivano considerati come “risposte ad una dichiarazione di guerra contro Dio, il Suo messaggero e i musulmani”. Si riferiva, ovviamente, alle operazioni militari degli Usa in Medio Oriente. Quella di bin Laden non è stata l’unica dichiarazione di guerra proclamata da attivisti che dicono di ispirarsi alla religione. In genere si pensa a figure del mondo islamico come lo sceicco Ahmed Yassin e Abdul Aziz Rantisi, rispettivamente fondatore e leader politico di Hamas, entrambi uccisi dai servizi segreti israeliani. Ma esempi di “terroristi in nome di Dio” (come li definisce la traduzione italiana del libro di Mark Juergensmeyer) non mancano tra i sikh del Punjab (attentato all’aereo dell’Air India nel 1985), gli induisti (la Rashtriya Swayamsevak Sangh negli anni venti in India, in parte le Tigri tamil nello Sri Lanka) o perfino i buddisti. Shoko Asahara, leader della setta Aum Shinrikyo responsabile dell’attentato con gas nervino alla metropolitana di Tokio nel 1996, rappresenta sicuramente un caso limite, ma suggerisce che nemmeno la dottrina dell’ahimsa rende del tutto immuni (una conferma che nessuna religione è intrinsecamente “buona” è venuta dal genocidio compiuto pochi anni fa dai buddisti cingalesi ai danni dei tamil). Anche molti esponenti di quella che viene definita “destra ebraica” si consideravano attivisti religiosi. Personaggi come Baruch Goldestein (autore del sanguinario attacco alla Tomba dei Patriarchi nel 1994 a Hebron), Yoel Lerner e il rabbino Meir Kahane, ammazzato nel 1990. Yigal Amir, responsabile dell’uccisione del primo ministro israeliano Yitzhak Rabin nel 1995, sostenne di essere stato influenzato dalle opinioni espresse da alcuni rabbini. Il suo gesto veniva “legittimato dal decreto del persecutore” che obbliga moralmente un ebreo a fermare chi rappresenta un “pericolo mortale” per il suo popolo. La colpa di Rabin era di aver negoziato con l’Olp di Arafat.
    E i cristiani? Probabilmente si sentivano profondamente tali alcuni seguaci di Ian Paisley che militavano nei gruppi paramilitari filoinglesi in Irlanda del Nord (Ulster freedom fighters, Ulster protestant volunteers, Ulster protestant action group, Ulster volunteer force…), responsabili di numerosi omicidi settari nei confronti della popolazione cattolica. Diverso, va detto, l’atteggiamento della maggior parte dei militanti repubblicani. Questi ultimi, pur altrettanto violenti, erano in genere molto più “laici”, non settari (in genere colpivano soltanto protestanti legati alle milizie lealiste o alla polizia filobritannica).
    Alcuni significativi esempi di terrorismo cristiano li troviamo negli Stati Uniti, tra organizzazioni e milizie di destra come Christian Identity, Christian Army of God, Michigan Militia (a cui era legato l’autore della strage del 1995 di Oklahoma City, Timoty McVeigh), Posse Comitatus, Aryan Nations.
    Militanti fanatici formatisi tra le interpretazioni dei testi biblici opera di Hal Lindsey (The Late Great Planet Earth e The Promise of Bible Prophecy) e la lettura di testi razzisti, dall’apocrifo I protocolli dei savi di Sion al romanzo fantapolitico di William Pierce The Turner Diaries, oltre a numerosi bollettini propagandistici antigovernativi come Spotlight o Patriot Report, infarciti di teorie della cospirazione e di antisemitismo. O guardando e riguardando The Big Lie (il video prodotto da Linda Thompson sul mortale assalto contro i Branch Davidians a Waco) durante le pause dell’addestramento paramilitare in campi comunitari come The Covenant, the Sworrd and the Arm of the Lord, in Arkansas. Anche il norvegese reo-confesso della strage di Utoya, Anders Behring Breivik, ossessionato dall’immigrazione e dal multiculturalismo, venne definito dai media “cristiano fondamentalista”. Con alle spalle una militanza nel FramstegsPartiet (Partito del Progresso), si trovava molto probabilmente sulla stessa lunghezza d’onda dei gruppi suprematisti statunitensi e non è da escludere che proprio gli esempi di oltre oceano lo abbiano suggestionato. La tecnica con cui aveva preparato l’auto-bomba è simile a quella utilizzata da McVeigh contro un edificio federale a Oklahoma City (quasi duecento vittime) mentre l’attacco al campeggio dei giovani laburisti evocava i ricorrenti massacri di studenti nelle università degli Usa, in particolare quello di Columbine. Se la “teoria dell’imbuto” (utilizzata da Joel Dyer, autore di “Harvest of Rage”, per spiegare l’incremento di azioni terroristiche compiute dalle milizie statunitensi) non vale solo per gli Usa, ma anche per la vecchia Europa sarebbe il caso di preoccuparsi. Da molti anni stiamo assistendo al diffondersi di una estrema destra razzista (spesso antisemita) che non esita nel richiamarsi apertamente al fascismo e al nazismo.
    In Norvegia il FramstegsPartiet (FrP), tanto xenofobo quanto neoliberista, con il 22,9% dei voti è diventato la seconda forza politica del Paese. Altrettanto a destra, il partito conservatore Hoyre. In Svezia la Sverigedemokraterna (Democrazia svedese, erede di un movimento filonazista) di Jimmi Aakesson, con il 5,7% dei voti aveva superato lo sbarramento entrando in Parlamento con 20 seggi. Varie formazioni neonaziste sono presenti a Stoccolma, Goteborg e Uppsala. Tra queste la Vitt Ariskit Motstand (“Resistenza Bianca Ariana”) che usa la runa “dente di lupo”, il “nodo di rune” utilizzato negli anni settanta da Terza Posizione e più recentemente da alcuni gruppi ucraini e polacchi. Durante la seconda Guerra mondiale designava la Das Reich, divisione SS responsabile di eccidi come quello del 1944 a Oradour-sur-Glane (oltre 650 morti accertati, in maggioranza donne e bambini.
    In Finlandia i voti a favore del partito Perussuomalaiset (Veri Finnici) arrivano quasi al 20% (con una quarantina di seggi). Non a caso Anders Behring Breivik aveva inviato il testo del suo memoriale ad un parlamentare di Perussuomalaiset. Ancora nel 2007 il Dansk Folkparti (Partito del popolo danese) con il 13,8% dei voti aveva conquistato 25 seggi nel Folketing (parlamento danese) diventando la terza forza politica del Paese, indispensabile per l’appoggio esterno al governo conservatore. Analogamente in Olanda una coalizione di centrodestra ha governato con l’appoggio esterno del Partij voor de Vrijheid. Il “Partito per la libertà”, guidato da Gert Wilders, nel 2010 aveva ottenuto 24 seggi con il 15,5% dei voti. In Austria il Fpo, guidato da Heinz-Christian Strache, era arrivato al 27% nel 2010 (municipali di Vienna). In Svizzera il Partito del popolo, di destra, è arrivato al 28,9%. In Francia, già nelle amministrative del 2010 il Fronte Nazionale di Marine Le Pen aveva guadagnato il 15% al primo turno per poi fermarsi al 12% al secondo. Dopo i buoni risultati già ottenuti nelle presidenziali francesi nel 2012, la figlia del fondatore del Fronte Nazionale appariva destinata a qualificarsi ulteriormente. Sempre in Francia, alla destra del FN proliferano i gruppi cosiddetti “identitari” che recuperano in chiave strumentale tematiche spesso “trascurate” (eufemismo) come l’autodeterminazione dei popoli (gruppi identitari sono sorti sia in Bretagna che in Occitania, sicuramente più difficile con i baschi di Iparralde…), l’ecologia e la giustizia sociale. In Italia, le principali formazioni di estrema destra tricolori rimangono Casapound (i cui militanti in genere votavano per il Pdl) e Forza Nuova (citata nel memoriale di Anders Behring Breivik). Stessa musica nell’est dell’Europa. Aumenta sia il numero dei sostenitori di Jobbik in Ungheria (16,7%) che del partito della Grande Romania (8,66%) e di Atika in Bulgaria. Alimentate dalla crisi economica, le proposte politiche delle destre europee in difesa delle identità nazionali (ma a scapito delle minoranze, ca va sans dire) e di contrasto all’immigrazione (strumentalizzando le paure diffuse tra gli strati popolari, i più esposti alle contraddizioni della globalizzazione) trovano un terreno fertile. Una situazione preoccupante che ricorda fin troppo un film già visto, la Germania degli anni venti e trenta.
    Tutta colpa delle religioni? In parte, almeno. Sicuramente contribuiscono ad alimentare le derive irrazionali e totalitarie. Sia con la sacralizzazione della morte (è un fatto che molti fascisti sono sostanzialmente dei necrofili) che con il culto delle gerarchie (una caratteristica comune di quasi tutte le religioni, in particolare di quelle monoteiste). Non sarà un antidoto universale (esiste anche un totalitarismo di matrice laica), ma sicuramente un poco di sano ateismo ogni tanto non guasterebbe.
    Gianni Sartori (2012)

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